Ho visto “Parla con lei” di Almodovar
Una ragazza in coma, affidata alle attenzioni premurose di un infermiere teneramente innamorato, non saprà che si è risvegliata al suo posto.
Delicato e coinvolgente, il film prende a prestito il tema di un insolito amore, unilaterale, la cui devozione oltrepassa il limite etico, per mostrare credo la distanza inevitabile tra anima ed etica, traducendo quell'aspetto della solitudine che intuisce con casualità e magia la percezione di essenze cruciali. Ogni giorno, o ogni mille anni, come è successo lì, qualcuno vede ciò che non è permesso ai civili umani protocolli. Visioni quindi che non esistono, che possono essere vagamente sentite da persone vicine come l'amico giornalista, ma nulla di più.
L'infermiere, cui tocca l'avventura di percepire, è comunicativo e solare, e non ha mete da raggiungere che non sia la cura di lei, in una camera d'ospedale surreale, dove si respira una dolce e serena intesa interiore che può apparire illogica ed ha le sue radici nella natura umana, nella primitività non contaminata nascosta in ognuno, nel tenue lume rivelato dalla solitudine dell'anima invisibile al bagliore del vivere nell'eterna impari gara tra anima e lupo.
|