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versi


Questa sintesi di splendore, in uno scorcio di Curinga,
lì da sempre, rumoreggia spesso nella memoria.       



versi      
silenzio
l'ultima luna
verso sera
martina guarda il mare
nebbia e germogli
il mio paradiso
in tuo aiuto
da conversazione con...
umano
da Requiem
le lucciole
il vento
distacco
dialogo con la solitudine
miele ereditato
52
margherita
per una giovane prostituta
il girotondo
atto di lettura
i momenti del giorno





 Silenzio

A volte mi fa paura il silenzio
non posso far altro che ascoltarlo.
 Nel cuore della notte
parla così forte il silenzio
che sovrasta ogni pensiero.
La sua voce è tagliente le sue parole crude.
Posso tentare di fuggire,
ma poi diabolico e implacabile,
torna coi suoi piedi felpati
e il suo manto di buio.
E allora non posso far altro
che ascoltarlo e guardarmi
nel suo specchio riflettente.
Ritrovo me stessa, nuda e povera.
Mi scruta con la schiettezza di un amico
di lunga data a cui non
si possono tacere segreti.
Non posso mentire al silenzio,
corsaro testimone dei miei racconti.
Mi devo far forza, affrontarlo,
lasciare che risponda
al mio agire di oggi di sempre,
che le sue parole di ricordi speranze paure
 indichino castighi o
concedano responsi balsamici.
Senza tentennare proroghe!
E certe notti un dubbio diventa un'angoscia,
un ricordo si trasforma in sofferenza.
Con altrettanta invadenza altre volte
mi suggerisce soluzioni inattese,
invitandomi su nuovi sentieri.
Il silenzio è così, non si lascia commuovere
e non accetta giustificazioni,
non gli piacciono le sfumature di grigio:
esiste solo il bianco o il nero.
Nel silenzio o nel rumore, ti penso.
                                       Giusi Guccini




 L'ultima luna
E tornano i giorni
della rossa vendemmia
di giuggiole e melagrane
E s'addolcisce il sole di graticci
scolorando in un lento aliare
di vespe la fiamma dei rossi meriggi.

Presto staremo al focolare
col vento della montagna nel camino.
I chicchi granati
saranno di sangue
come la volpe giovane che in casa
ho visto al risveglio
con le pupille d'oro
in cui s'era spenta
l'ultima luna d'estate
             Felice Mastroianni


 Verso sera
E verso sera, allora,
ci si trovava insieme
alla fioca luce d'un lume
attorno a un tavolo.
La mamma aveva preparato
cose semplici e buone
e aveva tessuto nell'attesa
l'armonia degli affetti.
E cenavamo tranquilli
senza guardare lontano.
Scende ancora la sera
e noi torniamo, sparsi,
per appressarci a quel tavolo,
per ritrovare il babbo stanco,
per volerci ancora bene.
                     angelo messina
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 Martina guarda il mare
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Martina guarda il mare
I sassi e le conchiglie
Ci sono tante cose da imparare
Le onde i pesci la schiuma e il sale
Martina guarda il mare

Martina guarda il mare
La sabbia il cielo il sole all'orizzonte
Tutta quell'acqua da dove viene
Tutta quell'acqua dove vuole andare
Martina guarda il mare

Martina guarda il mare
Grande come per lei
I suoi sentieri da esplorare
È' grande come per noi
I suoi pensieri, il suo camminare
Martina guarda il mare
E suo padre e sua madre
La guardano guardare

Martina guarda il mare
Come un fiore in un deserto
Come una cosa da scoprire
Come un storia da ascoltare
Martina guarda il mare

Martina guarda il mare
Come un libro appena aperto
Come se il tempo si fosse addormentato
Martina guarda il mare
Come se fosse appena nato
                          vittorio merlo

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 nebbia e germogli
Le ragioni non s'incontrano,
tacciono i vagiti che le crearono,
occhi secchi salati senza età
brancolano nella nebbia fitta più di ieri,

lampi opachi di ricordi
graffiano l'indifferente sonno,
il tempo aspetta l'aspettare,
passano i pani d'ogni giorno.

Mentre il mare della memoria
si frantuma senza pena,
innocenti germogli fiduciosi
offrono nuovi lumi sulla strada
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 Da: In tuo aiuto
Piangeva il mio cuore stanotte,
colpevole di stare nel mondo malato,
di non essere in quel luogo
lontano e vicino
dove la terra si riprendeva il tuo
corpicino, fiducioso, indifeso.
Voleva il mio cuore afferrarti la mano
ma eri troppo lontano,
voleva insegnarti a sorridere
ma era già domani,
e voleva voleva…
leggere illusioni scostate
dalla brezza del responsabile dovere.
                     Martina Lago

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                                                  margherita                                                                  
Semplici margherite
antichi fiori
che di bimbetta videro le incerte dita
ad intrecciar ghirlande e incoronar
riccioli d'oro per farmi regina
del regno grande ch'era innanzi a me la vita.
Piccola margherita senza profumo
ma che col tuo candore intrappoli gli sguardi
a rimirare tra il verde il bianco tuo splendore.
Tremula margherita ferita
che mi riporti giovinezza quando
t'interrogavo ad ogni petalo strappato
con un sospiro d'acerba donna ai primi acerbi amori.
Tra tutti sei più di tutti il fiore
che accompagna i ricordi,
attimo colto nel nostro verde prato
intatto in me ho ritrovato con te
tra le ingiallite pagine della mia vita
modesta e fragile perfetta margherita.
                          Gianna Bonomo
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 La bicicletta

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Un silenzio di ruote, per andare leggero,
le strade sono note, il panorama è vero.              
lo pedalo pedalo, fatica di salita;
io pedalo pedalo, rimescolo la vita.
Campanello che suona, per andare lontano,
la strada è così buona, il paesaggio umano.
lo pedalo pedalo, scivolo giù veloce;
io pedalo pedalo, il vento è la mia voce.
Un silenzio di ruote, per andare di cuore,
le strade sono vuote, la terra sa di odore.
lo pedalo pedalo, seduto sul mio trono;
io pedalo pedalo, pedalo dunque sono.
                            R. Piumini
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 Atto di lettura

Ogni parola possiede
la sua retta segreta
e il suo profumo.
Avanzo fra le righe
guidata da un mio senso
che nasce col respiro.
All’erta e tutta irta
fra l’una e l’altra linea
di un capoverso
– in verità una strofa –
vado.
Cime vertiginose
dove il cielo sospeso mi trascina
nel basso senza fine.
Capisco il tuo messaggio ma proseguo.
E in un punto di luce
come una retta muta e profumata
incontro la parola dietro le tue parole.
                                       Martha L. Canfield



  Miele ereditato  

 

Mio nonno era il fiume che fecondava queste terre.
Pieno d'innumerevoli mani e occhi e orecchie.
E, nello stesso tempo, cieco e taciturno come un albero.
Era la barba antica e la voce profonda della casa.
Era il seminatore e il frutto. Il ceppo rugoso.
L 'indice del tempo e il sangue propizio.
Mio nonno era l'inverno con le mani fiorite.
Era il fiume stesso che popolava le terre.
Era la terra stessa che moriva e rinasceva.

Mia nonna era il ramo incurvato dalle nascite.       
Era il volto della casa seduto in cucina.
Era l'odore del pane e della mela conservata.
Era la mano del rosmarino e la voce della preghiera.
Era la povertà dei lunghi inverni
avvolta nello zucchero come un'umile ghiottoneria.
Quindici figli mangiarono dalle sue mani miracolose;
Quindici figli dormivano col suo sonno d'aquila.
In molti nipoti e pronipoti abbiamo continuato
a passare nelle sue braccia secche.
Ma lei è sempre la mano che mescola l'acqua e la farina..
È il silenzio delle notti pieno d'uccelli addormentati.
È il braciere dell'infanzia con la focaccia che scappava.

Mio padre era quello che assomigliava di più alla terra.
Deve essere nato insieme con il frumento o il grano.
Mio padre era bruno.. e dormiva sul cavallo.
Era come il cavaliere lento della primavera.

Gli altri miei zii assomigliavano tutti agli uccelli locali.
Tutti avevano qualcosa degli alberi e delle montagne.
 Alcuni erano possenti come i cavalli normanni.
Altri avevano il volto di pietra o di grano tostato.
Ma tutti ricordavano le cose prossime alla terra.
Era uno sciame turbolento che riempiva la casa.
Era una banda di pavoncelle che preannunciava la pioggia.
Erano le cesene che rubavano le ciliege.
lo nacqui quando erano già vecchi;
quando mio nonno aveva i capelli bianchi,
 e la barba l'allontanava come nebbia,
io nacqui quando ardevano i falò di maggio.  
E la prima cosa che ricordo è la voce del fiume e della terra.
                                                                     Efrain Barquero

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 IL MIO PARADISO

Il mio paradiso
non è un luogo perduto
nello spazio e nel tempo
è qui ed ora

Poco di tutto
e non si dà per scontato il rumore del mare;
l'odore della terra bagnata;
il fruscio delle pagine di un libro;
i colori di un allegria semplice;
raggi di sole caldi sulla pelle

Nel mio paradiso
grandi spazi interiori
e vasti territori
di solitudine fertile
dove coltivare i miei pensieri

Non sono attese rare perle di felicità
nel mio paradiso
ma si respira forte il momento presente.
                                        Manuela Palchetti

dal libro di poesie “stringiti a me” -www.altrimedia.net-
il cui ricavato viene interamente devoluto a “Emergency”
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 Da “IL GIROTONDO”

Chi sei, da dove vieni tu, bambina,
che sei coperta di polvere bianca
come un mugnaio e te ne stai da sola
a guardare curiosa i nostri giochi?
Vieni qua a giocare con noi al girotondo!

Io sono Jenny, e quando con la mamma
fui travolta dal crollo delle torri,
pensai al babbo e a Jimmy, il fratellino
che non avrei più visto....

...E io sono Mohamed e se mi domandi
perché sono gonfie le vene del mio collo
ti dirò che di tetano son morto.
Abitavo a Bagdad, coi miei fratelli.
Un giorno mio padre ci chiamò in casa
e, dopo aver pregato tutti insieme,
ci parlò commosso
e ci baciò uno alla volta.
Poi se ne andò col suo fucile
sopra un camion diretto nel deserto,
mentre mia madre piangeva sotto il chador ,
e più non lo vedemmo.
Quando mi ammalai per una stupida ferita
che mi procurai frugando fra i rottami,
mia madre raccolse in un fagotto
le sue povere cose e le portò al mercato
per venderle e comprar le medicine;
non trovò nulla e ritornò piangendo.
Di notte, mentre stavo male,
vidi il padre mio che mi veniva
incontro sorridendo e mi diceva:
Vieni con me, Mohamed, nel deserto
che è coperto di fiori,
andiamo a giocare coi cammelli
che vanno nel vento e trottano leggeri.
E così dicendo mi prese sulle spalle....

...lo non ti vedo
ma prendimi per mano, io sono Yoko
e ho gli occhi seccati dalla bomba
che deflagrò nel cielo di Hiroshima.
Ho la pelle ustionata e le mie carni
sono come infette e piagate.
Non si chiuderanno più le mie ferite.
Ora di nuovo
sono tornati a fiorire nei giardini
di Hiroshima le piante dei ciliegi
ed è ripresa
la vita operosa della gente;
ma io piango,
coi miei occhi incrostati di sale...

...lo sono Anna, la bimba ebrea del ghetto,
e vidi coi miei occhi deportare
i miei cari nei campi di sterminio.
Erano marchiati come bestie
e andavano in fila come agnelli
scortati da una muta di cani feroci che latravano.
Dopo l'interminabile inverno che passammo
io e altri bambini, in una fredda
e umida baracca, i miei polmoni
erano consunti dalla tisi.
Poi venne il disgelo e in una
limpida giornata d'aprile vidi
un filo di fumo che saliva.
E avrei voluto
librarmi leggera con quel fumo
nel cielo terso della primavera;
perché era una bella giornata per morire…
e quel fumo era mio padre.

E questo bimbo negro che tu vedi
è Buba, che è morto di fame;
non sa parlare perché è piccolino,
ha le gambe stecchite e la panciona
grossa e piena di vermi,
ma vuole sempre ridere e giocare.

Venite qua bambini, facciamo il girotondo!
Giro, giro tondo,
gira sempre il mondo,..
...uno, due, tre,
di mo-ri-re toc-ca a te!
                       Edward Sgubj

dal libro di poesie “stringiti a me” -www.altrimedia.net-
il cui ricavato viene interamente devoluto a “Emergency”
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 UMANO
Ho fame
datemi da mangiare
un progetto, un'idea in cui credere

non pretendo di bere
da un fiume di ideali squillanti

ma ho bisogno
di qualcosa che sia sopra al mio cuore
che vada più in là della mia pelle
che veda più lontano dei miei occhi

fasci di luce gettati sulla mia strada
come ramoscelli secchi
voglio raccoglierli per illuminare il mio cammino

il sogno mi fa capire
mi fa sentire
che io sono molto di più
del mio bisogno

il colore della vita
non è visibile a occhio nudo
e le scintille di desiderio
non sprizzano solo da un corpo

umano, molto umano.
                      Manuela Palchetti

dal libro di poesie “stringiti a me” -www.altrimedia.net-
il cui ricavato viene interamente devoluto a “Emergency”
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 le lucciole

Misteriose e timide
Scoppiano le lucciole
Mille luci piccole su e giù.
Pulci che scintillano,
cimici che brillano,
ride il cielo nella barba blu.
Solo chi le ha viste sa com'è,
briciole del sole che non c'è.
Luminose lucciole ,
friggono le nuvole,
mille fuocherelli in libertà.
Torce che si spengono
E poi si riaccendono,
chi le accende e spegne
non si sa.
Fiamme nanerottole,
cometine frivole,
pizzichi di luce nella sera.
Stelle che punzecchiano,
raggi che ridacchiano,
fiaba forse finta
invece vera.
                   R. Piumini
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 Il vento

Ed ancora il forte vento
spezza le mie ali
sbattendomi a terra,
cibandosi della mia anima.
E la mia mente,
annichilita dall'imponente forza
naufraga nell'impalpabile mondo
dove la realtà non è regina.

                    Concorso giovanile "Paolo Fiorile"
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 Distacco
Conca incolore placcata di cirri
che si distinguono appena lassù!
A veleggiare la fuggente estate
sopra il silenzio di zinco dei monti
scorrono a soffi lunghi e ripetuti
le ombre e i vapori portati dal vento,
perdutamente spinti e poi lasciati
per approdare distanziati a oriente.

Rallentata mi penetra nel petto,
nella bocca e negli occhi, sostenendo
e sorpassando il suo precorrimento,
a tratti l'aria, che infine si tende
stringendo il cuore in una pena lenta,
che pure cede e come inutilmente
si svia e s'affloscia, attratta in un distacco
che aumenta al brusco cadere del vento.

Solo ora sento che mio padre è morto!
Prima dell'alba, per andare a caccia,
con lui salivo su per le colline,
tanti tanti anni addietro, incontro al vento.
Andavo, altero della sua fiducia,
e lui seguiva col passo un po' stanco,
la spalla noncurante e l'occhio acuto.

Immoto, è trasalito l'orizzonte
sbloccando nella volta ingigantita
 spazi latenti dietro la calotta,
che arretrano in fondali opalescenti.
...Fondo di raso spianato in segreto
 dalla carezza soffusa dell'alba
e in un immenso afflusso ora colmato
 d'una colata liquida di vetro,
che appena si distende non si fissa
ma impallidisce rivelando il vuoto!

Frange il vento la siepe di noccioli,
scorre un brivido argenteo nella chioma
degli ulivi più giù per la collina.
Chiudo gli occhi: il tuo volto è un po' smarrito
ma il tuo cuore galoppa sul sentiero
della mia giovinezza e la precorre
coi passi grandi di quand'ero piccolo.

Inalterato ritraspare il cielo
di sotto alla pellicola di luce,
impedita e adesiva nel suo gelo
ma che insinuata nel suo stesso incaglio,
avanza a stento in lento disinganno,
come un chiarore crescente di luna.
 .. quasi il tocco furtivo d'una mano
attesa tanto... e poi non trattenuta
che un solo istante e come inutilmente.

...E tutto il cielo sento allontanato,
per la sua sola altezza avido e intento.
Non è avanzato tuttavia il sole. ..
non è caduto tuttavia il vento. ..

            Corrado Calabrò
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 Dialogo con la solitudine

Non ti posso chiamare:
non hai un vero nome.
E poi non mi ascolteresti comunque…
Mi sei stretta accanto.
Con te
sono sola
in lunghe lingue bagnate d'asfalto.
In un buio impasto di stelle.
S'intrecciano ricci di tremuli verdi:
unghie di rami.
Sempre dentro. Sempre fuori.
Sempre.
"Rispondimi!"
Uno scorrere d'echi.
E poi si risveglia il vento.
E poi non sei che un ricordo.
Un'altra notte
di dialoghi graffiati dai segreti.
Perché di giorno non esisti
Se non in fruscii che si allontanano
come insetti in un prato immobile.
La tua voce pulsa solo nel silenzio,
in un grande gomitolo di strade addormentate.
Interminabili,
ma non abbastanza da trovare qualcuno
per non essere più sola.

                      Concorso giovanile "Paolo Fiorile"
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 Per una giovane prostituta

Lui dice che l’ama
e batte il suo cuore
ogni livido che scava
nel suo fondoschiena magro
le tette sviluppate da poco
Sai, lui la ama
lei lo sa
quando cammina
nella buia umida notte
scivolando dentro e fuori le macchine
il suo minuto corpo una slot-machine
Sai, lui la ama,
lei lo sa
mentre la risata della sua infanzia
scompare giù nella gola
al suono del respiro di un cliente
La trovarono in un fossato
con il fango nei capelli.
Il suo epitaffio recita:
data della morte sconosciuta
luogo della morte sconosciuto
Sai lui l’amava
sai, lei gli credeva

Agneta Falk
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   52

1830-1866

Se la mia barca                             
sprofondò nel mare,       
se incontrò le tempeste,
se ad isole incantate   drizzò le vele,
quale mistico ormeggio
quest'oggi la trattiene,
ora cerca il mio sguardo   
vagando sulla baia.

                                    Emily Dickinson
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 Da Requiem

Anima, perduta anima, cara,
io non so come chiederti perdono,
perche la mente è muta e tanto chiara
e vede tanto chiaro cosa sono,
che non sa più parole, anima cara,
la mente che non merita perdono,
e sto muta sull'orlo della vita
per darla a te, per mantenerti in vita.

Oh padre padre, patria del mio cuore,
che per tanto tempo solo col tuo male,
per giorni e giorni e notti di terrore,
come in una sequenza cerebrale
ti vedo, solo, solo, e senza amore,
annegare tacendo nel tuo male
tra chi sa e capisce e non sa amare
e chi non sa capire, e non sa amare.

Che ore nere devi aver passato,
ore per dire anni, dire vita,
fino a questo novembre disperato
di vento freddo, di fronda ingiallita,
padre ingiallito come fronda al fiato
di tutto il vento freddo della vita,
dell'amore frainteso e dissipato,
dell'amore che non ti è stato dato.

Oh padre padre che conosco ora,
soltanto ora dopo tanta vita,
ti prego parlami, parlami ancora:
io fallita come figlia, fuggita
lontano un giorno, e lontana da allora,
non so niente di te, della tua vita,
niente delle tue gioie e degli affanni,
e ho quarant'anni, padre, ho quarant'anni!

                             Patrizia Valduga
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 I momenti del giorno
Il silenzio di cicale e di grilli,
il buio pesante,  
il fremito caldo e leggero
della notte stellata d'estate che precede l'alba:
desiderio e paura
che duri... non duri...
aurora Il profilo dei monti turchini           
la luce di petali e d'oro dell'Est,
le voci delicate della natura che si risveglia,
l'aria frizzantina e vitale dell'alba:
attesa e curiosità, buoni propositi,
ancora una volta Qualcuno ha avuto la bontà di riscaldarci,
non ha ancora deciso di abbandonarci all'impassibile freddo che non cala.

La luce pulita,
il suono argentino della vita che torna a scorrere,
lo specchio terso dell'aria pungente del mattino:
tutto sa di fresco e di nuovo,
un rinnovato entusiasmo nel cuore e nella mente,
voglia di..fare, di andare, di cantare, di dire...

La luce matura,
i colori caldi,
i suoni ormai noti e quasi stancanti,
l'avvolgente abito d'aria del mezzogiorno:
voglia di calma,
voglia di casa, cibo, riposo...

La luce accecante,
lo specchio dell'aria che danza,
le voci che si arrendono alla calura sovrana
dell'ora della canicola:
osano solo grilli e cicale,
voglia d'ombra
voglia di sonno, di fresco, di sogni..,  

La luce morbida e delicata,
ancora i turchini e i petali e gli ori,
il dolce tepore,
le voci attutite,
sul far della sera:
un senso di quiete,
voglia di meditare,
pensare, riflettere. ..

E infine il blu dorato,
poi la volta stellata nel buio,
le voci che si spengono e si fanno più rare,
resistono ancora grilli e cicale
e qualche verso d'uccello
nell'aria tiepida, poi più gelida, della notte:
metà della nostra vita
passata a ridisegnare la vita nei sogni,
una piccola morte
che si rinnova ogni sera,
per regalarci la gioia o il tormento
del risveglio alla vita.

                                                        Puente Ita

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    tratto da
    conversazione con...

Vieni avanti, su
non aver paura.
Entriamo ancora una volta
nel nostro triste, umido eppure così tenero sottoscala.
Questi che ci guardano
sono tutti occhi di amici.
Ecco: sediamoci qui, come ieri,
come sempre.
Sediamoci come se fosse una sera uguale alle altre.

Così, giorno dopo giorno,
siamo arrivati alla fine della nostra grande
bellissima giornata,
com'è grande e bellissima la giornata d'ogni uomo.

Un tempo pensavo di poter dire
che la mia lo fosse di più;
ma quale conoscenza dei pianti e degli affetti,
delle speranze e delle disperazioni,
delle sofferenze e delle gioie altrui
mi potrebbe consentire, oggi, un simile diritto?
Ove pur non avessi fatto che avvicinarmi loro,
parteciparle, entrarvi dentro,
e, a poco, a poco, con la prudenza che esse meritano
aprirle e conoscerle,
sempre mi sarebbe mancato in quella conoscenza
qualcosa,
qualcosa mi sarebbe sempre sfuggito;
forse il punto più alto dell'altrui felicità,
la spina più acuta dell'altrui dolore;
ed è proprio in quella punta,
su quella spina,
che le parole si fanno deboli,
denunciano la loro incapacità
e sulle bocche degli uomini,
su quelle degli animali,
come sulle verdi labbra degli alberi,
scende il bisogno d'un pudore ancor più grande
e, con esso, il sipario muto, invincibile e sacro
del silenzio.

Tu annusi questo respiro di vita
che ancora mi resta
senza nessuna violenza e senza nessuna avidità;
anzi, con una sorta di segreto tremore
e d'affettuoso rimpianto,
quasi fosse, da una parte, il nostro addio
e, dall'altra, il nostro ingresso nella terra
che non mente e non tradisce più;
quella terra che un tempo ci era stata promessa
e che poi ci fu tolta
senza che un'altra ce ne venisse aperta davanti.
In questa lunga giornata,
prima lontano da te,
anzi a te rivale e nemico,
poi accanto a te,
così accanto da diventare tuo compagno,
anzi da essere tu la mia unica,
dolcissima compagna;
potrei dire la mia unica, dolcissima amante
se, coi miei anni, la parola
non si tingesse d'un riflesso d'ironia...
Volevo dire che, prima lontano da te,
poi con te,

in questa bellissima giornata,
ho pianto e sorriso,
ho sofferto e gioito,
ho sperato e disperato...
Vieni qui,
vieni più vicino a me,
cara, dolce ed eterna ombra.
Stasera ti vedranno anche da giù
tutti i compagni d'un tempo
e anche quelli d'adesso e di qui,
quelli che noi, chiusi come siamo da anni
in questa tana,
neppure conosciamo.
Ti vedranno più grande ed immensa dell'ombre
che le montagne stendon giù per le valli
quando il sole le saluta e se ne va,
dietro di loro,
proprio come un re che rientri nel suo accampamento
per riprendere forza e prepararsi così
alle fatiche del domani.
Sei così grande, è vero;
ma, insieme, sei più piccola e indifesa d'una capra.
Una capra che non ha mai belato.
Solo certe notti,
quando m'addormentavo lì, sulla branda,
mentre tu continuavi a startene sveglia

e ti prendeva la paura che, dormendo,
mi stessi dimenticando di te
e così potessi tradirti;
allora emettevi qualcosa come un lamento.
Ma come potevo dimenticarmi
di quello che tu avevi fatto
e facevi ogni giorno per me?
Ti guardo negli occhi
ed ecco vedo tutte le ombre e le luci
che vi passano e ripassano dentro
quasi fossero il riflesso delle nubi
che vanno e vanno su, nella gran volta del cielo.
Hai ragione d'essere un po' stranita;
e hai anche ragione di volerti ritrarre.
Ogni cosa
e la nostra pace prima di tutto
vorrebbe che quest'ultima sera, qui, nella nostra reggia,
in mezzo agli ori della nostra polvere
e della nostra cenere,
sui nostri troni di legno traballante e tarlato,
passasse quieta,
l'uno accanto all'altra,
proprio in quel pudico silenzio
    in cui si saluta chi si è veramente amato...
Giovanni Testori


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